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La sveglia sul comodino segnava le due del mattino. Chiara contò mentalmente alla rovescia. Tre, due, uno - puntuale come un orologio svizzero la quiete fu interrotta dallo strillare di un neonato, che doveva avere deciso come l'ora di tranquillità concessa ai suoi esausti genitori fosse già più che sufficiente.
La donna si costrinse a sollevare le palpebre, fosse solo che la culla si trovava a pochi centimetri dal suo lato del letto, non senza un'imprecazione, e tirò al compagno un calcio ben piazzato negli stinchi.
"Gilbert" biascicò con voce impaziente.
"Che c'è?" borbottò quest'ultimo, ancora mezzo- addormentato. Doveva avere davvero il sonno pesante per non sentire il pianto disperato di suo figlio, anche se dormiva nella loro stessa camera da letto, ancora troppo piccolo per lasciarlo da solo.
Chiara gli tirò un secondo calcio. "Tobia" borbottò, stropicciandosi gli occhi e mettendosi a sedere con movimenti divenuti ormai meccanici nelle ultime settimane. “Quindi muovi il culo.”
Gilbert rotolò su un fianco fino a guardarla in faccia, i capelli arruffati e il viso tutto cisposo di sonno. Non si diede nemmeno pena di mettersi una mano davanti alla bocca per nascondere uno sbadiglio così grande che Chiara giuro di avergli visto le corde vocali.
“Ma mi ero appena addormentato.”
“E ora sei sveglio” ribattè lei, la stanchezza a renderla più acida di quanto già non fosse normalmente. "E mi ero addormentata anche io” continuò, come a dire che la scusa del marito non era sufficiente
“È dal tuo lato” cercò di argomentare Gilbert di rimando. “Ti basta allungare una mano. Magari vuole solo qualcosa da stringere”
Non ebbe maggiore successo.
“Lo sto già facendo genio, non funziona.”
"E va bene" sibilò Gilbert, arrendosi al suo destino e ciabattando a piedi nudi verso la culla. “Ehi, pulcino, che voce forte. Cosa c’è?” mormorò con tono il più possibile calmo, mentre infilava le braccia nel lettino e recuperava un neonato dal viso già rosso a furia di strillare. Con gesti resi meccanici dall'abitudine, iniziò a farlo saltellare appena su e giù.
Allo stesso tempo prese a camminare per la stanza. “Vedo se il solito giro dell’appartamentino funziona” informò Chiara, chinandosi per darle un rapido bacio sulla fronte. Lei ne approfittò, nonostante tutto, per dare una rapida carezza sulla testa del bambino.
"Fai come credi" disse invece, ributtandosi sul letto con un pizzico eccessivo di teatralità.
Dormire, però, sembrava diventato fuori discussione. Aveva i sensi all'erta, con quell'istinto materno che tutto sommato aveva scoperto di possedere, le orecchie tese per captare ogni possibile pericolo.
Sentiva il lieve rumore delle ciabatte di Gilbert sul pavimento e il suo canticchiare basso, un po' sgraziato, ma non tanto da essere troppo fastidioso, mentre faceva fare a Tobia il solito giro turistico della casa. A giudicare dall'improvviso calo in decibel dei pianti, il bambino sembrava apprezzare le attenzioni. Chiara sorrise tra sé.
"Tutto fatto, come un angioletto" Gilbert fu infatti di ritorno una ventina di minuti dopo, con Tobia che gli sbavava sulla maglietta. Nel dormiveglia Chiara lo vide dargli un lievissimo buffetto sul naso, prima di rimetterlo nella sua culla, con l'orsetto di peluche che il bambino sembrava adorare.
"Io dico che non si sveglia dino a domani mattina" si mise poi a vantarsi delle sue eccellenti doti di padre nel rinfilarsi sotto le coperte. Senza degnarsi di aprire gli occhi, Chiara sbuffò di rimando.
"Esagerato. Ci concederà al massimo due ore."