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Personaggi: APH Prussia, varie comparse storiche
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Tags:  Nationverse, Meta!Fic


 "No, non di nuovo!"
Questo l'ultimo grido disperato prima che Gilbert Beilschmidt, meglio conosciuto come ex regno di Prussia, ex Germania Est, e correntemente ex nazione a sbafo, venisse metaforicamente trascinato in quello che aveva imparato a conoscere come "Paradiso di gente che ha passato tutta la propria vita a pensare troppo".
Almeno, come l'ultima volta, poteva far comparire boccali di birra a piacimento, da ingurgitare a velocità supersonica prima che un certo qualcuno non si mettesse a fare il moralista. Per ora, tuttavia, sembrava tutto sicuro. 
Si guardò intorno con alla ricerca di qualche faccia familiare. Oh, ecco l'orribile faccia di Hegel. Ma lo si perdonava, dopo che lo aveva esaltato così bene - la Fenomenologia dello Spirito funzionava ancora benissimo come arma impropria contro il damerino o il folle surgelato all'occorrenza. Gilbert gli fece un cenno di saluto accompagnato da un sorriso a trentadue denti, ridacchiando apertamente nel notare più in là un Schopenauer invidioso che faceva il broncio.
Tutto bellissimo, compresi i pancake e sciroppo d'acero che erano apparsi come merenda, ma dov'era l'uomo che Gilbert sapeva essere la causa di tutto quello. 
Gli veniva ancora il mal di testa dall'ultima volta. Cioè, non che si lamentasse, pensò, ingollando un morso di dolce. "Emmanuel! Apprezzo molto che ogni tanto vai in astinenza della mia fantastica presenza, ma cosa c'è questa volta?"
 
"Vedo che non hai perso l'abitudine di avvelenarti con quella roba."
 
Ed eccolo lì, il suo filosofo preferito.
 
"Lieto di rivederti. A cosa devo il piacere? Ancora con quel tuo processo alla Ragione?"
 
Nemmeno il tempo di finire la domanda che, quasi gli avesse letto nel pensiero, la Ragione, unica e somma divinità in quelle lande, comparve in un vortice. 
 
"No, abbiamo una tregua. Piuttosto vedo che non hai ancora imparato. Ricordi cosa ti dissi l'ultima volta?"
 
Gilbert si grattò la testa, masticando più in fretta i pancake casomai gli zuccheri potessero servire a far gire più velocemente il criceto che secondo Ungheria aveva in testa. "Che siamo in una storia?" ammise infine, prima che gli esplodesse il cervello per il paradosso. La Ragione sorrise - l'espressione più rassicurante che Gilbert avesse mai visto. "Precisamente."
"Dunque, fammi capire" iniziò, sollevando entrambi gli indici per sottolineare il concetto, "L'ultima volta è stato tutto perché qualcuno ha deciso che lui" - gesticolò in maniera teatrale verso Kant - "Ce l'aveva con te."
"Io ce l'ho ancora con lei. Tu potrai non essere reale, ma lei ha ancora qualche cosa da spiegare" si intromise Kant. Prussia lo ignorò.
"Stavo dicendo, perché ce l'aveva con te. Questa volta? Dai, ho promesso a West che avrei portato i suoi cani al parco. Anzi, credo di aver lasciato la porta aperta. Mi uccide se sono scappati!"
Non era vero - Gilbert era sempre il fratello maggiore e Aster, Blackie e Berlitz così ben addestrati da sapere di non allontanarsi senza permesso. Avrebbero saputo ritrovare la strada di casa se anche fosse stato. Però rimaneva che lui aveva altre cose da fare e ancora la si tirava per le lunghe. Guardò i presenti con occhi supplicanti. 
"Va bene, direi che il tempo è passato." La Ragione controllò un orologio immaginario, spiegando senza davvero spiegare nulla. Gilbert pensò che un giorno, reale o no, avrebbe fatto quattro chiacchiere con la persona che a random decideva di scrivere storie su di lui senza chiedere nemmeno il permesso.
Cominciava anche a pensare avesse a che fare anche con l'ondata di ultimi incubi con soggetto Mr-Inverno da un lato e un'improvvisa voglia di visitare Canada dall'altro. 
"Quindi devo stare qui a fare cose finché non arriva a mille parole? Per una sfida di scrittura" ricapitolò, percorrendo a grandi falcate il perimetro della stanza che non si era nemmeno accorto di aver fatto comparire. "E quanto ci vorrà?"
La Ragione prese un volume a caso da una libreria apparsa altrettanto a caso. "Dipende dall'ispirazione. Ma più ti muovi e agisci, più passerà in fretta il tempo" commentò con nonchalance la Ragione, solo per congelare un attimo dopo. Anzi, congelarono tutti sul posto.
"Sempre che non si distragga" si corresse non appena ebbe ripreso la mobilità. Gilbert batté un piede a terra, per nulla contento di essere manovrato come un burattino. Ne aveva già avuto a sufficienza durante il periodo della Guerra Fredda.
"E quante parole mancano?" 
"Il conteggio cambia ogni secondo. Ma direi circa trecento."
Trecento parole potevano essere tante. E poche allo stesso tempo. Dipendeva tutto dalla circostanze. Gilbert incrociò le dita che a nessuno venisse il blocco dello scrittore, anche e era difficile capire se fosse lui a controllare chiunque stesse scrivendo o viceversa. La confusione di pensatori attorno a lui non aiutava nemmeno. 
Fu allora che, vuoi per il suo genio, vuoi perché aveva la personificazione del pensiero a tre centimetri, vuoi per altro, gli passò per la testa un pensiero a cui effettivamente sarebbe dovuto arrivare prima.
"Questa è una storia giusto?"
"Precisamente."
"E siamo con tutti questi testoni perché chi scrive era fissata con loro."
"Esatto."
 
Non era da Gilbert pregare per qualcosa. Di solito preferiva decidere cosa voleva e prenderselo con violenza senza chiedere il permesso. C'erano però delle eccezioni - tipo la mattina di Capodanno quando si attaccava a West perché gli preparasse la colazione - e questo era uno di quei casi. Di nuovo, era difficile capire di chi fosse l'idea. Ma poco importava. 
"Non è che potresti convicere questa persona a farmi andare a trovare il mio vecchio Fritz, magari. Per favore?"
Poco chi mancava che facesse gli occhi dolci e sporgesse il labbro in fuori in un broncio. La Ragione annuì. "Credo che non ci sia bisogno di convincere nessuno" e nel dare la notizia - buona notizia - stese il braccio a indicare una porta che forse era sempre stata lì o forse no. "Tutto tuo."
 
Gilbert ovviamente non se lo fece ripetere due volte, pregando che mancasse ancora molto alla fine della storia, sebbene una fastidiosa sensazione allo stomaco non promettesse nulla di buono. Non era affatto giusto. Come arrivare alla parte migliore di un sogno e svegliarsi di colpo proprio sul più bello. 
Invece, cosa strana, non si trovò trascinato indietro nel disordine di camera sua. Invece, abbassando lo sguardo, si accorse di stringere un foglio in mano. 
 
"TRENTA MINUTI DI LIBERTÀ" recitava. Non che chiarisse molto, ma Gilbert non aveva intenzione di perdere tempo a farsi domande quando sapeva solo di avere appena scorto un familiare tricorno e sentito un inconfondibile brano al flauto, senza che ancora le cose andassero in metaforica dissolvenza. E quindi inutile pensarci. 
"Vati!" gridò invece, mentre in effetti tutto andava in dissolvenza, tranne lui che aveva ancora venticinque minuti da sfruttare. 
 

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