Multum ille et terris iactatus
Feb. 21st, 2022 02:09 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Fandom: Eneide
Personaggi: Enea, Ascanio, Anchise
Note: Modern AU
Prompt: Olio a terra
Rating: Generale
Questa è l'ultima volta che Enea dà ascolto a sua madre, croce sul cuore. Sente ancora nelle orecchie la sua voce squillante mista al tintinnio dei suoi gioielli. "L'Italia è uno spettacolo in questa stagione. Vedrai Ascanio come si diverte. Sarà un'avventura e ai bambini fa bene un po' d'aria fresca."
Dallo sguardo omicida che gli rivolge quando si volta verso di lui per controllare che stia bene, non si tolga il cappellino e rimanga nell'unico quadrato d'ombra disponibile, Ascanio a quest'ora vorrebbe solo essere al posto di Astianatte, a godersi la vacanza al mare tutto-compreso che Paride ha regalato a Ettore e famiglia per farsi perdonare dei disastri combinati nell'ultimo anno e non solo.
Certo, Ettore, l'integerrimo Ettore, ha provato a rifiutare, dicendo che suo fratello non lo può comprare così e altre varianti sul tema.
Ma per una volta Andromaca non ha voluto sentire ragioni. Del resto non è la prima volta che minaccia di legare il marito alla sedia se questo serve a fargli prendere una pausa.
Chino sul cofano e certo di vedere i vari pezzi spostarsi sotto i suoi occhi, Enea si chiede di nuovo perché si sia fatto convincere. Eppure dovrebbe aver imparato ormai.
Furba Creusa a rimanere a casa. Decisamente la più intelligente di tutti.
Lo devono stare pensando tutti al momento, anche suo padre che ha insistito per venire dicendo che non è ancora invalido e che passa troppo poco tempo con suo nipote.
"È l'olio" fa Anchise, per la sesta o settima volta. Enea batte con violenza una mano sul motore. "Lo so, pa'"
Ha visto anche lui il rivoletto sporco che gocciola da sotto l'auto e la pozzanghera lucida che si va allargando sempre di più sull'asfalto crepato dell'anteguerra
"Ma non so come fermare la perdita."
Di nuovo, a quest'ora sarebbe potuto essere su una sdraio, in spiaggia a sorseggiare una bibita ghiacciata. Invece si ritrova con l'auto in panne su una polverosa stradina secondaria in mezzo al nulla campano.
E ovviamente il cellulare non prende.
"Usa lo scotch. L'ho visto nel cruscotto."
"Non tiene."
"Prova almeno."
Enea prova. Tempo un minuto lo scotch imbevuto e oleoso si stacca malamente.
"Gomma?"
"Finite. Niente, mi arrendo."
Di questo passo rischia di fare più danni che altro. Non vuole finire in un qualche giornale locale nella pagina della cronaca nera con un titolo strappalacrime stile "Famiglia turca in vacanza muore in tragico incidente."
"D'accordo, che facciamo?"
Lo dice più a se stesso, e al vuoto, casomai ci fosse qualcuno in ascolto con un miracolo dell'ultimo secondo. Le opzioni comunque non sono molte. Da un lato rimanere lì ad aspettare la prima auto, motorino, asino, essere vivente che passa.
Dall'altro incamminarsi con trenta gradi all'ombra nella speranza di trovare prima o poi un paese o casa o catapecchia.
Da manuale, dovrebbero aspettare e non muoversi di lì, se non fosse che nell'ultima ora o poco più non hanno incrociato nessuno sulla strada tranne lucertole e un paio di emaciati cani randagi. Con l'aria condizionata rotta la macchina promette di diventare presto un forno. Di certo non può andare da solo lasciando indietro un anziano e un bambino di cinque anni.
E se Enea ricorda bene l'ultimo cartello scrostato che ha intravisto piantato storto ai lati della strada non dovrebbero essere troppo distanti dal prossimo villaggio.
"D'accordo" sospira, pizzicandosi la radice del naso, "andiamo a piedi. Ascanio, rimettiti le scarpe e non toglierti il cappellino."
Almeno hanno con loro le valigie e un paio di bottigliette d'acqua superstiti. Gli occhi torvi, Ascanio fa il broncio.
"Questa vacanza fa schifo," borbotta mentre Enea gli allaccia le stringhe. Da parte sua, Enea non riesce davvero a biasimarlo. "Solo un incidente di percorso" cerca comunque di convincerlo, aprendo il tubetto mezzo finito di crema solare per spalmargliene un po' sul naso prima che si scotti a camminare sotto il sole. "Domani andiamo al mare."
La faccia biancastra, i pugni lungo i fianchi, Ascanio non risponde. Gli passerà.
"Papà, come va la gamba? Riesci a camminare?"
Ancora a fisso a guardare il cofano con aria esperta, Anchise annuisce vagamente. Non sembra aver sentito molto dell'ultima domanda.
"Papà, sicuro?"
"Sì, sì, ce la faccio."
Poco convinto, Enea infila documenti e carta di credito in tasca giusto per sicurezza e si incammina.
Cinque minuti dopo è già costretto ad accorciare il passo. Altri cinque e suo padre sta chiaramente strascicando i piedi.
"Pa' ..."
"Cosa?" Anchise scatta, piccato, "sei tu che vai troppo veloce."
"Papà se continuiamo così arriviamo domani mattina."
Dieci minuti e avranno fatto ottocento metri, metro più, metro meno. Tirandogli la maglietta Ascanio protesta a gran voce che ha sete. Poi si lamenta che l'acqua è calda; e che gli fanno male i piedi.
"Dai, ancora un piccolo sforzo."
Suo padre invece sta benissimo a suo dire, a dispetto della lentezza mortale di ogni passo. Non possono andare avanti così.
"Pa', dai, ti porto io."
"Sono perfettamente in grado di camminare."
Enea conta fino a dieci, poi fino a venti e fino a trenta. "Lo so papà, ma così facciamo più veloce. Vero, Ascanio?"
Ascanio sta pestando i piedini a terra con tutta la forza della sua frustrazione, il corpo teso e pronto a scattare in una scenata coi fiocchi.
"Ho sete" ripete il bambino, cocciuto e lamentoso, dritto dritto al cuore e al senso di colpa del nonno.
"Va bene" si arrende Anchise, allacciando le braccia sottili attorno al collo del figlio. Enea non fa in tempo a caricarselo sulla schiena che già Ascanio è lì a tirargli la mano e a protestare che vuole essere preso in braccio anche lui.
"Mi hai preso per un mulo?" scherza Enea per sdrammatizzare. "Le gambe ti funzionano, coraggio."
Certo che devono proprio sembrare un gruppo di profughi scappati di casa visti da fuori. Va bene la vacanza diversa e avventurosa, ma qui si esagera.
I successivi due, tre chilometri paiono non passare mai. Dietro gli occhiali da sole, Enea sbatte le palpebre nella calura mentre il sudore cola copioso ai lati del naso. La polvere che sale dai lati della strada si appiccica alla pelle umida e ai vestiti fradici. Sente le scarpe da ginnastica sfregare contro i lati del piede, e non deve aspettare molto prima di avvertire i primi, chiari bruciori di una serie di vesciche in sboccio.
Sì, decisamente domani giornata intera al mare. "Appena arriviamo in paese ti compro due ghiaccioli" si sente dire, con voce stanca e distratta, all'ennesima variazione sul tema della sete. Controlla il telefono, lo solleva sopra la testa, lo agita un po’ di qua e di là. Quello continua a rimanere un inutile e costoso pezzo di plastica.
Comincia a non sentire più le spalle e le braccia ed è abbastanza sicuro che almeno un paio di vesciche siano scoppiate quando, miracolo, Enea intravede i primi tetti in lontananza. Chiamare paese quel gruppo di quattro, dieci case è più che generoso, ma si spera che qualcuna sia abitata.
A prima vista il silenzio tombale e tutte le persiane saldamente chiuse fanno sorgere qualche terribile dubbio, se non fosse per il vecchietto rugoso seduto su uno sgabello appena fuori da quello che deve - o deve essere stato un bar. Guarda tutti e tre con tanto d'occhi da sotto il cappello sgualcito.
"Chis so pazz, vonn ie cu sto cavr" fa, un unico suolo gutturale e incomprensibile. Dallo sguardo però non è troppo difficile immaginare cosa deve star pensando a vederli. "Uagliu, ch e succies?"
"Si è rotta la macchina" cerca di spiegare Enea, in inglese. Il vecchio lo fissa senza capire mezza parola. "La macchina. Si è rotta" Enea ripete, più lentamente.
"Che e itt?"
"Macchina.”
Niente. Disperato ripesca dalla tasca il cellulare, pregando ogni divinità per una tacca di campo. E, sì, c'è, minuscola in alto a destra della schermata. La pagina del traduttore online pare non caricarsi mai.
"La macchina si è rotta."
Prendendo in mano il telefono per vedere meglio lo schermo che Enea gli ha messo sotto il naso, il vecchio si acciglia.
"O meccanicu? O meccanicu sta ccchiuso."
Poi, mentre Enea sta già pianificando il suicidio e vagliando le ipotesi per decidere la meno dolorosa, "E ou scottch? Avit usato?"