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Personaggi: Aph Prussia, Aph Russia
Prompt: Sorrisi enigmatici
Rating: General
Additional tags: Ucronia


Per Prussia, il viaggio è la parte più difficile. Non la stazione di partenza, il dover salutare di nuovo suo fratello, che lo ha riempito di raccomandazioni tanto quanto i fratelli Italia fanno di pacchi di cibarie. Dire loro che sarebbero stati confiscati è servito a poco. 
 
Non è nemmeno il momento in cui si sente il primo fischio in lontananza, quel suono di morte, come lo chiamano molti a mezza-voce, e i Baltici, che fino a quel momento si erano quasi lasciati andare, scattano di nuovo sull'attenti. Li ha mandati Russia, come d'abitudine, per essere sicuro che a Prussia non vengano strane idee di fuga. Curioso come non pensi mai che anche i Baltici, se volessero, potrebbero fuggire. 
 
Il pensiero gli strappa una risata. 
 
Come se avessero il coraggio di farlo.
 
Come se potessero farlo. 
 
Anche arrivare a Mosca, tornare a dover parlare quel russo che Gilbert non ha mai davvero sopportato, varcare la soglia di una villa che Russia chiama casa (e lui prigione), è qualcosa che in fondo ha imparato a sopportare. 
 
Il viaggio, invece, è solo una lenta tortura, di Ivan che si siede di fronte a lui e lo fissa per tutte le ore che il treno impiega ad andare da Berlino a Mosca. Cambiare vagone serve a poco. Non ci sono chiavi e Russia si limita a seguirlo, qualunque sedile scelga. Non parla molto e anche questo non aiuta ad alleviare la tensione. 
 
Anche i Baltici devono essere su quello stesso treno - Prussia almeno li ha visti salire - ma sanno bene come dileguarsi alla bisogna.
 
Ogni tanto Russia  a qualche commento su quanto gli ultimi sei mesi siano stati noiosi e di come sia contento che siano finalmente passati e nel parlare sorride. 
 
Ed è proprio quel sorriso la parte che fa quasi desiderare a Gilbert di rompere il primo vetro e buttarsi dal treno in corsa in barba al freddo, all'orientamento e a qualsiasi vendetta Russia voglia perseguire in risposta.
 
Invece volta il viso dall'altra parte, un'abitudine che si acquista in fredda in Unione Sovietica se si vuole sopravvivere. Anche leggere l'atmosfera è utile, sopratutto quando il tuo carceriere fa di tutto per non farsi leggere.
 
Parole cortesi, un sorriso quasi sincero, ma occhi che rimangono scuri, distanti e freddi. Velate minacce di tremende torture dette col più fanciullesco dei toni.
 
Questo è l'Ivan seduto di fronte a Gilbert. L'uomo che conclude ogni frase con un "vero?" e la voce di chi non si aspetta di essere contraddetto. Quello stesso Russia con cui avrà a che fare nei prossimi sei mesi. 
Così Gilbert annuisce, tirandosi indietro quanto possibile, perché la sua sola vicinanza gli dà la nausea. Chiude gli occhi e pensa prima a Berlino, alla birra, a quelle leccornie da casa che è riuscito a salvare dalle grinfie di Ivan. Poi guarda l'orologio e conta i minuti prima della fine del viaggio.
 
Preso saranno a Mosca e almeno la villa di Ivan sarà abbastanza grande da riuscire ad evitarlo per un po', con le dovute strategie.
 
E quelle a Gilbert non mancano. 
 
 
 
 
 
 
 
 

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