The only thing she can do
Mar. 18th, 2020 04:56 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Personaggi: APH Ungheria
Prompt: Itsuarpok
Note: Ho interpretato un po' alla larga, intendendo la parola per il senso di aspettativa per l'arrivo di qualcuno
Rating: General
Additional Tags: Nationverse; Historical Inaccurary
Prompt: Itsuarpok
Note: Ho interpretato un po' alla larga, intendendo la parola per il senso di aspettativa per l'arrivo di qualcuno
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Giù nel giardino del palazzo non c'è ancora nessuno.
Ungheria odia aspettare. Non è tanto l'attesa in sé, a quella potrebbe anche esserci abituata; è più il doverla sopportare sapendo di non poter fare nulla. Questa guerra non è la sua, riguarda solo Austria che questa volta non ha richiesto il suo supporto. Fosse per Ungheria, prenderebbe subito la spada e il fucile, vestirebbe di nuovo l'uniforme e marcerebbe sul campo di battaglia. Anche da sola, anche senza un esercito. Solo lei, solo Erzesbet Hédérvary. Sa di essere abbastanza forte da tenere a bada un'armata nemica, come ha fatto più di un secolo fa, durante la guerra di Secessione.
Quelli erano altri tempi.
"È inutile agitarsi così, madamigella Hédérvary."
Deve essere la millesima volta che una delle domestiche cerca di tranquillizzarla, senza troppo successo a giudicare da come la nazione continui a scattare in piedi al primo rumore che passa dalla finestra lasciata semi aperta. Prima è stato il familiare suono degli zoccoli dei cavalli contro il terreno a spingere Ungheria a correre alla porta; ma era solo lo stalliere che stava portando fuori un paio di puledri ancora troppo giovani per la guerra. Poi un grosso vociare di persone con la parlata austriaca che Ungheria ha imparato a conoscere bene come la propria lingua nativa. Solo un gruppo di nobili di passaggio. Nessuna traccia di un esercito di ritorno a palazzo, nessun vessillo e, soprattutto, nessuna familiare chioma bruna in alta uniforme imperiale.
Per distrarsi un po' Ungheria si è data alle faccende domestiche per qualche tempo. In teoria era anche lei una serva in quella grande casa conosciuta come l'Impero Austriaco, ma in generale Austria tendeva a trattarla molto meglio di quanto non facesse con altri, come Cechia o il giovane Italia.
Già, Italia. Un tempo, quando Ungheria si sentiva un po' demoralizzata, poteva chiamare la piccola nazione e giocare con lui. Italia era sempre stato felice della sua compagnia, soprattutto quando Ungheria gli offriva un diversivo dallo svolgere quei compiti che Austria gli affidava e che lui invece odiava. Cento volte meglio farsi vestire in abiti tradizionali ungheresi che non passare ore a sfregare il pavimento fino a farlo brillare.
Quello, però, apparteneva al passato. Italia era cresciuto, era una nazione indipendente adesso e, sebbene una parte dei suoi territori facessero ancora parte della casa d'Austria, lui non ci abitava più.
Anche a Ungheria, ogni tanto, sarebbe piaciuto avere una casa tutta sua dove vivere. Allo stesso tempo, sentiva di dover aiutare Austria come poteva, anche se in quel caso era starsene il più possibile tranquilla mentre lui se la vedeva con Prussia sul campo di battaglia.
Un altro rumore e di nuovo Ungheria scatta in piedi, ignorando ancora una volta i richiami delle domestiche. Questa volta deve essere l'esercito, questa volta lo sente. Corre alla finestra, guardando giù solo per essere ricambiata dal vialone vuoto. Nessuna traccia né di Austria né degli altri generali o di chiunque altro. Nemmeno un messo.
In fondo, Ungheria lo sa. Anche se Austria le ha scritto nell'ultima lettera che sperava di essere di ritorno entro la fine del mese, non ha mai specificato una data; né tantomeno dato alcuna certezza che le sorti del conflitto si sarebbero risolte entro il tempo indicato. Un po' è sciocco e Ungheria non saprebbe dire perché tutto d'un tratto l'attesa le fosse diventata quasi insopportabile. Magari è stato semplicemente accorgersi che quel mese è già trascorso e presto sarebbero stati altri dieci giorni.
Allora si è svegliata con il corpo pieno di un'energia nervosa che le impediva di rimanere ferma in uno stesso punto per più di qualche minuto. La camomilla che ha bevuto circa un'ora prima è servita a poco. Ora è a un pelo dal prendere il proprio cavallo e uscire nei boschi del palazzo finché non si sarà calmata. Non osa, però, col timore che Austria tornerà mentre lei è fuori. Allora rimane lì, l'unica cosa che al momento possa fare.
Perché Ungheria odia aspettare; ma ancora di più odia scoprire di non essere stata presente quando ci sarebbe stato bisogno di lei.